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Intervista a Sara Grimaldi @ Cigar Bar di Rende

Intervista a Sara Grimaldi @ Cigar Bar di Rende

“Signore e Signori, la musica è servita”. Quasi un invito ad un luculliano banchetto di emozioni, la live session che ha incantato il venerdì sera del Cigar Bar, nel cuore di Rende. Ospite Sara Grimaldi, cantante, compositrice, interprete, produttrice e vocal coach - nonchè storica corista di Zucchero “Sugar” Fornaciari- con una poliedrica rosa di collaborazioni all’attivo, da Sting a Jeff Beck fino al Ministry of Sound.

Un concerto voluto da Massimo e Antonella, titolari del Cigar, con la collaborazione di Thomas
Tarsia e del suo entourage e da Angelino Aloe, dj resident e curatore della direzione artistica del locale. Una bella serata di inizio primavera condotta e introdotta dall’elegante medley del live resident Andrea De Iacovo che, attraverso i classici del pop inglese e non solo, ha creato l'atmosfera riscaldando gli animi dei tantissimi presenti. Intorno e insieme all'artista, la band di musicisti professionisti (tutti di Cosenza e dintorni) e autentici Maestri della musica, composta da Salvatore Longobucco alla batteria e percussioni, Pino Ciappetta alla chitarra, William Preite alle tastiere e Pino Mazzulla al basso. Una jam session dall'appeal anni settanta: pezzi storici come “Hot Stuff” e “I will survive” rivisti in chiave soul. E la sensazione di essere in un bistrot di New Orleans.A fine serata, due chiacchiere con Sara...

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Una carriera musicale versatile, la tua. Blues, pop, house, lirica. Per quale batte il cuore?
Il soul. La mia anima è questa. Mi piace cambiare, sperimentare, ma la mia radice è legata al soul. È così da quando avevo sei anni...

Cioè da quando hai capito che la musica sarebbe stata il tuo “mestiere”?
Sì. A sei anni sono stata rapita da Chaka Kan. Ho pensato “voglio diventare come lei”;un'autentica ispirazione che mi ha cambiato la vita. Credo di aver deciso allora che sarei vissuta di musica...

Il dogma del “talento o vocazione”. É la musica che sceglie il suo interprete o viceversa?
Sono due elementi correlati. Dove c'è la vocazione probabilmente si nasconde anche il talento. La musica è passione: o ce l'hai o non ce l'hai. Ma se la hai dentro, è perchè senti attraverso di essa. È
un plus della tua vita che deve venire fuori. Io non sono riuscita a fermarmi. La musica è Dio, per fortuna.

Hai cantato in tantissime lingue. Secondo te, qual è quella universalmente musicale?
Senza dubbio l'inglese. È un territorio immenso di accenti, intonazioni, sfumature. Qualcosa che va al di là della pronuncia o della madrelingua. Anzi, uno slang non puro risulta più affascinante, non
un errore. È la personalizzazione dell'interpretazione che solo l'inglese, specialmente se cantato, riesce a creare.

È più “semplice” esibirsi davanti a migliaia di persone o a contatto quasi a pelle con la gente?
Davanti a tante persone. Non temo i grandi numeri o i grandi eventi, dove la macchina organizzativa è talmente complessa da dare sicurezza e la risposta del pubblico è già galvanizzata.
In contesti più piccoli ti metti in gioco, il pubblico lo vedi, lo tocchi, lo senti. E lui sente te. È un dare e avere immediato, devi fare i conti con l'improvvisazione, a volte con il piccolo problema
tecnico piuttosto che con il gusto di chi hai davanti. E solo quando arrivano gli applausi, sai di aver fatto le scelte giuste

Domanda retorica: i talent show aiutano?
No. Personalmente ritengo siano un veicolo per mostrare la musica. Non credo abbiano molto a che fare con il talento. C'è un'eccessiva “impostazione” e poca naturalezza. Oltre al fatto che rischiano
di fuorviare i ragazzi che ci provano. Possono dare e togliere nel giro di poco. Niente di tutto ciò ha a che fare con il successo. Lo ripeto spesso ai miei allievi: il successo come obiettivo non
esiste; non è qualcosa che arriva da fuori,è personale, lo costruisci dentro di te, giorno per giorno, attraverso esperienze diverse e mettendoti sempre alla prova.

Tre parole per la serata di questa sera.
Divertente, emozionante e spontanea.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Continuerò la “sfida” dei concerti in pub e situazioni simili. Contemporaneamente sto dedicandomi a collaborazioni con musicisti del calibro di Johannes Faber , trombettista tedesco di fama
internazionale. Progetti che partono dal soul, la mia anima, e attraverso il jazz, il blues, ritornano al soul. Perchè senza anima, non potrei vivere la musica...

Scritto da: PartyGuide.it